Omosessualità come comportamento a rischio Covid

Dopo il liceo romano, è la volta della ASL di La Spezia a commettere un errore discriminatorio nei confronti della comunità LGBT+.
Al codice 10 del modulo per l’accesso alla vaccinazione anti-Covid pubblicato dalla Asl 5 della Liguria e scaricato dal sito del Ministero della Salute, c’è scritto: “Soggetto con comportamenti a rischio. (tossicodipendente, soggetto dedito alla prostituzione, omosessuale)”.

“Siamo sconcertat* di apprendere che in questo Paese, nel 2021, un ente pubblico che si occupa di salute non conosca neanche le basi sull’orientamento sessuale.  Parlare di “comportamento omosessuale” non vuol dire nulla. Prima di tutto perché noi non siamo un “comportamento”, ma siamo relazioni, affetti e la nostra identità è molto più complessa e non descrivibile sempre e solo nella dimensione della sessualità. Secondo, si dovrebbe distinguere “un comportamento sessuale” che potrebbe portare al maggiore rischio nel contrarre un virus “dall’orientamento omosessuale/affettivo”: le due variabili non sono legate e questo modo di pensare ci riporta a 40/30 anni fa quando si parlava dell’AIDS come “la peste dei gay”. Abbiamo lottato in tutti questo decenni per uscire da questo pregiudizio e dallo stigma e ancora oggi ci troviamo a leggere certe notizie che leggevamo nei giornali degli anni ‘90. Ma l’ultimo punto, quello più fondamentale è: cosa ci dice questa notizia? Non solo che chi ha utilizzato questo modulo (sembrerebbe utilizzato per protocolli legati all’epatite) ha commesso un lavoro di sciatteria e non curanza, bensì che questo atteggiamento nasconde un pregiudizio nei confronti della comunità LGBT+. Ci racconta una volta di più di una società sessuofobica e intrisa di eternormatività e patriarcato. Le scuse potranno servire per rimediare ad un errore, ma non eliminano la cultura repressiva e giudicante nella quale viviamo e che spesso ci guarda come se l’appartenere a una minoranza volesse dire che i nostri pensieri, atteggiamenti, fantasie – e in questo caso specifico comportamenti – portino inevitabilmente, nel pensiero di una società eteronormativa ed eteronormata, a ritenere che la comunità LGBT+ sia maggiormente esposta nel contrarre maggiori “malattie”. Qui il problema non è cambiare il modulo. Qui il problema è cambiare immediatamente questo modello culturale e creare il prima possibile dei corsi di formazione sull’orientamento sessuale, affettivo e sull’identità di genere non solo nelle scuole, ma anche negli enti pubblici”. Claudio Mazzella, Presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli.

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