La Fifa ha ufficialmente affidato i Mondiali 2034 maschili di calcio all’Arabia Saudita, che ha annunciato di voler cogliere l’occasione di “diffondere messaggi di amore, pace e tolleranza”.
Accoglieremmo la notizia con grande felicità, se non fosse che lo Stato è uno dei circa 60 in cui l’omosessualità è ancora considerata un reato, nonché uno dei pochi in cui addirittura viene sanzionata la pena capitale a tutte le persone colpevoli di essere se stesse.
È quindi impossibile descrivere lo sdegno e la rabbia che proviamo sapendo che, per l’ennesima volta, gli interessi economici di un’organizzazione sportiva sono considerati più importanti del rispetto dei più basilari diritti umani.
Ed è una follia che non ci siano state particolari obiezioni, come se fosse la normalità accettare le gravissime violazioni che si verificano in Arabia Saudita: ricordiamo, per esempio, che in pieno accordo con la Sharia alle donne non è riconosciuto il pieno status di individui indipendenti, le persone trans sono considerate malate e da curare con metodi violenti e coercitivi, o ancora la tortura è utilizzata come metodo usuale dalle forze dell’ordine.
“Come sempre i diritti della comunità LGBTQIA+ sono calpestati e sacrificati sull’altare della convenienza economica e politica. È inconcepibile che atleti, accompagnatori e lavoratori debbano temere per la propria vita durante una manifestazione che invece dovrebbe promuovere valori universali come l’uguaglianza, il rispetto e ”, ha dichiarato Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. “Consapevoli che l’assegnazione non sarà mai messa in discussione, chiediamo almeno che la FGCI e in generale le istituzioni italiane si uniscano alla richiesta di Svizzera e Danimarca di monitorare il rispetto dei diritti umani di tutte le persone coinvolte in questi Mondiali”.