La storia della ragazza di Palermo, delle ragazze di Caivano, delle 75 donne morte per femminicidio dall’inizio dell’anno, di tutte quelle donne vittime di violenza, di stupro, di abuso è accomunata dal dolore di essere invisibili in uno Stato che condanna le vittime e giustifica i colpevoli.
In queste ore Andrea Giambruno, compagno della premier Giorgia Meloni e giornalista, ha dichiarato nel corso del programma che conduce su Rete 4 che “se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti di incorrere in determinate problematiche e di trovare il lupo”.
Ancora una volta la vittima si trasforma in colpevole, rea di ubriacarsi o magari di indossare un vestito più corto o di voler andare a ballare con le amiche. Siamo di nuovo a parlare di donne e delle loro colpe, e non di pene per chi commette il reato o di azioni preventive come l’informazione corretta, l’educazione in famiglia e a scuola e un cambiamento radicale anche nella proposizione del ruolo femminile.
In un Paese in cui una ragazza è costretta per “lavoro” a stendersi su un tavolo coperta di cioccolata, cosa può fare la politica? Può smettere di essere incapace, può intervenire con l’accessibilità alla giusta informazione. E invece va in onda il processo alla vittima, in questo continuo victim blaming in cui il lupo è da capire, Cappuccetto Rosso da condannare: dove se ne va da sola?
In questo quadro desolante, però, tutto questo dolore non deve essere sprecato! È giunto il momento di cambiare l’ordine delle cose e di porre fine a una cultura patriarcale nociva e tossica, che pervade a tutti i livelli la nostra società e che alle donne non propone altro che ipocrite lezioni di “buon senso” e irritanti concessioni di libertà.