Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne

In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa. Nel 2023, i femminicidi hanno rappresentato il 61% degli omicidi totali di donne, un dato che ovviamente deve come sempre essere letto alla luce del fenomeno di unger-reporting che colpisce tutte quelle situazioni che si muovono in una zona grigia, come è quella della violenza di genere.

Le donne lesbiche e bisessuali, le donne trans* subiscono una doppia violenza: per il loro genere, per la loro identità e per il loro orientamento sessuale. Una violenza che vuole annullare qualsiasi espressione delle loro esistenze.
Le persone trans*, soprattutto le donne trans razializzate o migranti, sono tra le più colpite, spesso vittime di transicidi che rimangono invisibili o sottovalutati.

Queste forme di violenza non sono incidenti isolati, non chiamatele tragedie: sono parte di una violenza sistemica alimentata e nata da una cultura che mira a cancellare chi devia dalle norme di genere e sessualità imposte da un modello patriarcale.
E qui entra in gioco la responsabilità collettiva, ma soprattutto istituzionale.

Le istituzioni continuano a negare il fenomeno, ad ignorare le proposte che potrebbero davvero fare la differenza, come l’introduzione dell’educazione sesso-affettiva nelle scuole. Un’educazione che promuova il rispetto e leducazione al consenso sin dalla giovane età è fondamentale per smantellare gli stereotipi di genere e combattere l’odio e la violenza sistemica.

Anziché affrontare la violenza alla radice, il governo alimenta la cultura patriarcale attraverso politiche che marginalizzano le donne e le persone con utero, la comunità LGBTQIA+ tutta e ostacolano i percorsi di autodeterminazione.
Non possiamo più accettare la narrazione che dipinge questa violenza come un problema privato. Quei panni sporchi che si lavano in famiglia, meglio se tradizionale e eteronormata.

Il cambiamento inizia da noi, come sempre, come la lotta.
Dobbiamo esigere politiche concrete e spazi sicuri per chiunque subisca violenza.
Dobbiamo alimentare la cultura che grida Sorella io ti credoe non quella che ci vuole sottomess3 o vittim3.
Dobbiamo essere il megafono delle le voci delle persone che vogliono rompere il silenzio.
Dobbiamo smettere di chiedere alle donne di essere coraggiose, dobbiamo chiederci cosa stiamo facendo per fa sì che non debbano esserlo mai.
Non una ogni tre giorni, ma non una di meno.

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