Ancora omofobia e ipocrisia in Qatar, a pochi giorni dall’inizio dei Mondiali 2022 di calcio. Nel corso di un’intervista l’ex calciatore Khalid Salman, ambasciatore del Paese per la Coppa del Mondo, ha tenuto a ricordare che “l’omosessualità è un danno mentale, haram”, ovvero proibita dall’Islam.
Parlando di cosa sarebbe arrivato in Qatar insieme al torneo, Salman ha specificato che sarà importante che “i gay accettino le nostre regole”. Il vero problema, infatti, sarebbero “i bambini che li vedono”, perché “imparerebbero qualcosa che non va bene”. Parole deliranti, frutto di una arretratezza di pensiero di un Paese fortemente retrogrado dal punto di vista dei diritti civili.
Ricordiamo infatti che già Nasser Al Khater, presidente del comitato organizzatore, aveva affermato che tutte le persone omosessuali sarebbero state bene accolte a patto di “evitare pubbliche manifestazioni d’affetto, che sono disapprovate”.
“Non possiamo più accettare in silenzio l’ipocrisia velenosa del Comitato Organizzatore dei Mondiali del Qatar, che non si è mai dissociato da dichiarazioni di questo tenore”, ha dichiarato il presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Mario Colamarino. “Ma soprattutto proviamo sdegno nei confronti di tutte le federazioni sportive che nonostante conoscano bene la situazione non hanno difficoltà ad accettare le dichiarazioni del Qatar senza avanzare richieste e rimostranze, disinteressandosi dei principi su cui si fonda il mondo dello sport. A nessuno sembra interessare il disagio, l’umiliazione, la discriminazione ma anche il senso di pericolo (fino a 7 anni di carcere per il ‘reato di omosessualità’) che proveranno professionistə e turistə LGBTQIA+ che entreranno in Qatar”.
Per lanciare un segnale importante, chiediamo alla FIGC che le squadre dei campionati italiani aderiscano alla campagna di sensibilizzazione One Love contro ogni discriminazione, lanciata dall’Olanda. Inoltre vorremmo organizzare un incontro con i vertici della FIGC e il Ministero per lo Sport allo scopo di discutere dell’ormai sempre più impellente necessità di formazione su tematiche LGBQIA+ all’interno del mondo del calcio e dello sport in generale, troppo spesso protagonista di casi di omofobia strisciante.